Compagnia

Capo Compagnia -> Angelo Russo

 

Il nome della Compagnia

 

La nostra Compagnia si chiama Highlanders’, con la virgoletta finale (anche se nessuno ci fa mai caso) o per la precisione Compagnia degli Highlanders’.
Se qualcuno pensa che il nome sia legato all’omonimo film si sbaglia.
Questo nome fu scelto fra una rosa di nomi (tra i quali ricordo Cianuk, nome dato dai pellerossa al vento) in tempi non sospetti, cioè più di un anno prima che il film arrivasse a Giarre e che se ne sentisse parlare, anche se c’è sempre il sospetto che chi fece la proposta qualcosa sapesse, ma il resto dei rover no.
Figuratevi se avessimo scelto questo nome in base ad una storia legata al motto “ne rimarrà uno solo”…mica si era fessi!
Piuttosto scegliemmo questo nome, che alla fine significa più o meno “montanari” per una grande propensione della compagnia di allora a vivere “ ‘a muntagna” cioè l’Etna, il più alto (High) vulcano d’Europa.
Chi scrive aveva una vecchia enciclopedia “i popoli della terra” dove trovò un capitolo relativo agli highlanders’; in particolare ci colpì che il fiore simbolo della scozia fosse il cardo (ricordate una delle prime scene del film bravearth?) : non ne era forse piena la “sciara della scorciavacca”, un campo lavico dove io, Marco e Daniele avevamo passato le estati della nostra beata gioventù, esplorando “dagale” e grotte. Indubbiamente questo era segno che si era sulla giusta strada.
Alla scelta contribuì anche l’alone mitico che circonda le genti di scozia e la simpatia per questi britannici molto poco inglesi.

 

L’omerale di compagnia

Bene scelto il nome ecco arrivato il problema dell’omerale: come rappresentare gli Highlanders’ ?
Altra cosa che ci colpì, sempre sulla mia enciclopedia, fu un riferimento al reggimento dei Fraiser’s Highlander, uno dei reggimenti storici dell’esercito britannico…ma non c’era il simbolo di questo reggimento.
A questo punto tutta la compagnia fu coinvolta nella ricerca di informazioni: non c’era ancora internet e l’unica fonte del sapere erano i libri, così ci mettemmo tutti all’opera per fare delle ricerche.
La più grande fonte di sapere era la biblioteca comunale, e fu lì che Alessandro trovò lo stemma araldico della nobile famiglia scozzese dei Frasier, il clan scozzese da cui prendeva il nome il suddetto reggimento. Dovete infatti sapere che nell’antichità era uso che ogni clan fornisse una parte delle forze militari della corona, pagando di tasca propria. Col tempo le cose cambiarono ma il nome del reggimento rimase.
Avevamo ora abbastanza materiale per confezionare l’omerale di compagnia, che si compose di vari elementi:
al centro il cardo, simbolo sella scozia e, per noi, dell’etna.
Sopra il cervo, presente nello stemma araldico dei Fraiser, ma anche potente simbolo esoterico legato al culto druidico della natura.
Sotto il drappo recante il nome della compagnia ed il simbolo della branca R/S.
Il tutto coronato non dalla corona ducale dei Fraiser ma da una corona con sette torri, simbolo di Giarre.
Ora occorreva produrre l’omerale: ci pensò Giovanna, la vice capo compagnia, che, dotata di notevoli qualità artistiche (ne ha fatto il suo lavoro), dipinse a mano su ovali di pelle scamosciata la prima dozzina di omerali.
Nei successivi anni, divenuta capo compagnia, ne produsse un’altra mezza dozzina, ma era un lavoro piuttosto complicato; così si decise che si passare alla produzione in serie.
Allora esisteva un gruppo GEI, il Palermo 22, che per autofinanziamento produceva lavori in cuoio stampati a fuoco; li incontrai ad un S. Giorgio regionale e, avute le specifiche per il bozzetto del cliché, mi misi all’opera e produssi una versione stilizzata dell’omerale già in uso. Lo inviai per posta raccomandata e in occasione dell’inaugurazione della sezione di Gela, a cui parteciparono anche i palermitani, ecco finalmente i primi 20 omerali in cuoio e, cosa più importante, il cliché che ancora oggi usiamo.

 

Il basco col pon-pon

 

Dovete sapere che negli anni in cui si fondò la nostra compagnia vi era l’uso di personalizzare il basco: c’era chi lo aveva colorato (Paternò amaranto, il Riposto azzurro ecc.) e c’era chi lo adornava di coccarde, piume o pon-pon.
Nella nostra eterna ricerca di originalità, anche noi pensammo di personalizzarlo: ancora una volta ci venne in aiuto il reggimento dei Fraiser’s Highlander: infatti per speciali meriti il reggimento ebbe l’onore di fregiare il proprio copricapo di piume di struzzo nere con una piuma rossa, che nei reparti moderni è diventata un rosso pon-pon sul basco nero d’ordinanza.
Ehi, il copricapo della divisa rover è proprio un basco nero: ancora un segno dell’ineluttabile destino.
Così, adorno di uno sgargiante pon-pon rosso e di una fascia di tartan (la tipica stoffa di lana scozzese) bordata di raso rosso ecco che il nostro basco fece il suo ingresso ufficiale durante il san Giorgio: non era certo un oggetto che non saltasse all’occhio, ma chi voleva passare inosservato? si era fieri della nostra compagnia e lo si voleva urlare anche col rosso “giummo” sul basco.

 

Usi e costumi

 

Altra personalizzazione della divisa rover era un rettangolo della stessa stoffa che borda il basco sul risvolto del foulard di gruppo.
Per alcuni anni questa abitudine rese possibile distinguere i senior e capi provenienti dalla compagnia da quelli che non ne avevano mai fatto parte.
Nell’approfondimento che fece la compagnia primitiva degli usi e costumi scozzesi si apprese che i militari scozzesi portano al polpaccio sinistro un pugnale.
Ma scoprimmo anche che questo è a sua volta un retaggio del costume arcaico di portare infilato nel risvolto del calzettone le posate: infatti il kilt scozzese non ha tasche, e nella caratteristica borsetta non vi era spazio sufficiente.
Appreso questo iniziammo ad adottare l’uso di portare le posate nel risvolto del calzettone: ancora oggi durante i capi estivi molti di voi avranno notato che spesso porto così le mie posate… rosse come il pon-pon, naturalmente.
Un costume che portai nei miei anni di CC nella compagnia fu la tazza metallica appesa allo zaino; oltre ad essere una comodità, essa simboleggia l’attitudine del rover a dissetarsi, nel corpo e nello spirito, per strada e con la strada.
La tazza accompagna col suo sbatacchiare i percorsi impervi che affronta il rover: se tace vuol dire che ci si è fermati, dunque non la si deve far tacere per molto, perchè, naturalmente, “chi si ferma è perduto”.
Così, sotto la canicola o la pioggia battente, o lungo una strada impervia, quando si tace per risparmiare il fiato, ecco che la tazza, col suo allegro sbatacchiare, ci ricorda che in fondo é tutto un grande gioco.
Negli anni ne ho viste di varia foggia, da quelle in semplice plastica colorata (ma sbatacchiano poco) a quella in acciaio inossidabile di Antonio e naturalmente quelle in metallo smaltato, che sbatacchiando perdono lo smalto e arrugginiscono, come la mia a cui sono fedele da 12 anni… rossa come il pon-pon, naturalmente.

 

… e tu?

 

Rover Highlander’s….rispetti le tradizioni della tua compagnia?
O sei di quelli preferiscono l’anonimato per non essere mai al centro dell’attenzione?
Dimostreresti poco spirito e tanta fragilità di carattere, e questo non è da Highlander’s.
Capisco che le tradizioni create da altri possono non essere per te coinvolgenti, ma sono un retaggio di quello che si è fatto in passato, sono una parte dello spirito della nostra compagnia dalla quale, nel bene e nel male, è venuta fuori molta della forza di giocare il gioco del gruppo di Giarre.
Piuttosto crea altre tradizioni, che non contrastino con le vecchie, e aggiungile al retaggio dei posteri, a quella reminescenza del passato che fa del Rover Highlanders’ un’unicità all’interno della comunità rover.

Giuseppe Musumeci

 

 


 

 

LA CORNAMUSA

(La Prima Carta di Compagnia)

Sia questa carta l’espressione piu’ intima delle nostre convinzioni e lo specchio fedele del nostro vivere scout. Nello assumere il nome degli Highlanders’ impegniamo il nostro onore nel tramandare a coloro che seguiranno lo stile che ci siamo imposti, stile che si evidenzia in tutte le nostre manifestazioni esteriori, sia nell’ambito della vita di Compagnia che nella vita privata, nel collettivo ed individualmente. Tali manifestazioni non nascono da falsi atteggiamenti ma da un profondo convincimento interiore.
Le tradizioni che nel cammino creeremo siano edificanti e nel contempo sappiano esaltarci tanto da rendere invidiabile l’appartenenza alla Compagnia degli Highlanders’.
L ‘ umilta’ nell’agire ci accompagni in ogni nostra manifestazione e ci sia compagna l’infaticabilita’. Sia pronta la nostra risposta al Servizio e coerente l’atteggiamento.
Sorretti dall’orgoglio antico delle genti di Scozia ci proponiamo di essere:
* Forti nelle avversita’,
* Amici sinceri,
* Leali con noi stessi e con gli altri,
* Generosi nell’altrui bisogno,
* Fiduciosi nel prossimo,
* Instancabilmente operosi,
* Coraggiosi in ogni circostanza.
“Nel firmare questa Carta assumo l’impegno di raggiungere gli obiettivi da essa proposti sicuro degli ideali che mi accomunano alla Compagnia degli Highlanders'”.

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